particolare della vetrata dell'abside della parrocchia foto del papa Giovanni Paolo secondo che incorona la statua della Madonna "La Parrocchia è una casa di fratelli, resa accogliente dalla Carità"
Giovanni Paolo II alla Comunità di Torre Spaccata

Diocesi di Roma
S. MARIA REGINA MUNDI
Padri Carmelitani della Provincia Italiana
[sei in: CULTURA/primo piano]

PRIMO PIANO: un argomento per discutere e confrontarsi nel FORUM parrocchiale
Il rogo dei bambini rom - Lettera aperta alla comunità cristiana

vegliaApriamo un nuovo forum prendendo spunto dalla lettera che questa settimana, Mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana, ha inviato a tutte le comunità cristiane.
Anche alla nostra comunità; che deve riflettere sulla qualità dell’accoglienza che riserviamo ai rom che vivono tra noi: non possiamo continuare ancora nell’indifferenza aspettando un’altra tragedia, anche perché  - è notizia recente - che il Comune avrebbe idea di approntare delle tendopoli attrezzate in alcune zone di Roma tra cui Torre Spaccata.
[fonte: la Repubblica, Roma]

 

 

Carissimi,
vorrei far mie, e vorrei che riecheggiassero con forza nella nostra Chiesa di Roma, le parole che il Cardinal Vicario ha pronunciato lo scorso 9 febbraio nella Basilica di Santa Maria in Trastevere durante la Preghiera in memoria dei piccoli Sebastian, Patrizia, Fernando e Raul, tragicamente morti nel rogo avvenuto nell’accampamento di Via Appia Nuova.
Parole che ci scuotono e ci interpellano come uomini e come credenti, parole da cui dobbiamo lasciarci “turbare” proprio come questa morte ha turbato e scosso la coscienza di molti: “la morte di Sebastian, Patrizia, Fernando, Raul è come un macigno che ci pesa sul cuore e ci invita ad un grave esame di coscienza, ciascuno per la sua parte di responsabilità”.
Se è vero, come diceva il Cardinale, che viviamo in una società complessa, segnata da visioni culturali e modi di pensare molto diversi, spesso contrapposti, dove l’anonimato, l’indifferenza, la diffidenza, sembrano farla da padroni non possiamo non riconoscere che la globalizzazione e i nuovi scenari migratori che da anni si stanno profilando ci impongono “una conversione personale e comunitaria del cuore, che ci faccia guardare la realtà con gli occhi della verità: non dimentichiamo che abbiamo davanti uomini e donne come noi, bambini come i nostri figli, fratelli nostri, che valgono non per quello che hanno o possiedono ma per quello che sono, persone umane”.

Quel discernere “i segni dei tempi” a cui, da sempre, la parola del Signore ci invita, e il grande Magistero del Concilio Vaticano II ha voluto richiamarci per essere Chiesa, ci dice che “ancor prima di soluzioni politiche e normative è necessaria una visione dell’uomo e della società che diventi cultura diffusa, ispirata dal rispetto per ogni uomo, perché è uomo, una cultura aperta all’accoglienza e alla solidarietà…” E con grande forza il Cardinale ci diceva: “se poi siamo cristiani, non possiamo non amare e non metterci dalla parte dei poveri, degli ultimi, degli emarginati: essi sono una presenza reale di Gesù Cristo”.
Queste parole non possono lasciarci indifferenti!
I poveri, gli ultimi, gli emarginati: una presenza reale di Gesù Cristo da onorare alla stessa stregua con cui onoriamo e custodiamo il Corpo di Cristo nell’Eucaristia.

rogoGià i Padri della Chiesa ci esortavano: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Ebbene, non tollerare che egli sia nudo; dopo averlo onorato qui in Chiesa con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: ‘Questo è il mio corpo’, confermando con la sua parola l’atto che faceva, ha anche detto: ‘Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare’… Quale vantaggio può avere Cristo se il suo altare è coperto d’oro, mentre egli stesso muore di fame nel povero? Comincia a saziare lui che ha fame e in seguito, se ti resta ancora del denaro, orna anche il suo altare…” (Giovanni Crisostomo, Omelie sul Vangelo di Matteo). La carità vera allora non può non essere accoglienza del fratello bisognoso: “accogliere il povero, l’immigrato vuol dire considerarlo uno di casa nostra, uno come noi, donargli il nostro tempo, fargli spazio nelle nostre amicizie, provvedere a lui con leggi giuste. Significa, inoltre, dargli una mano per superare l’emarginazione in cui spesso si trova a vivere, testimoniandogli che Dio è amore e Padre di tutti…”.

La comunità cristiana di Roma non vuole e non può restare indifferente dinanzi le necessità dei poveri, perché la parola del vangelo e del magistero ci ricorda che la carità è inseparabile dalla giustizia e, in tanti casi, “dobbiamo riparare… alla giustizia negata”. Purtroppo ancora una volta è la tragicità di un evento a costringerci a non chiudere gli occhi, a non distogliere lo sguardo troppo presto, facendoci rendere conto - con disarmante verità - che questi bambini non sono diversi dai nostri bambini. Ad ogni latitudine della terra, grazie a loro, non avvertiamo né distanze né diversità, perché ogni bambino ha il dono di rendere tutto il mondo un mondo di padri, di madri e di figli. L’unica sfortuna di questi bambini è “stata quella di essere nati poveri e immigrati”.
Guardando alla nostra città e ascoltando il grido dei poveri che da essa si leva, mi viene da chiedermi: è così necessario che irrompa nelle nostre pacate giornate il ciclone del dolore per accorgerci di loro?
Con questo interrogativo affido alla mia e alla vostra meditazione l’intera omelia pronunciata dal Cardinal Vicario durante la veglia di preghiera, affinché sia stimolo per tutti noi ad una vera conversione del cuore.

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