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Caritas in veritate la nuova enciclica di Benedetto XVI

fotoNella festività dei santi Pietro e Paolo, papa Benedetto XVI ha firmato la sua terza enciclica dal titolo Caritas in veritate, ovvero sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità.

Nelle intenzioni del Santo Padre l’enciclica doveva essere pubblicata due anni fa, in occasione del quarantesimo anniversario della pubblicazione dell’enciclica di Paolo VI, Popolorum progressio, con l’intenzione di riprendere il tema dello sviluppo dei popoli, aggiornandolo alle nuove situazioni.
E proprio le ultime vicende: la crisi economica che ha sconvolto tutte le economie e le cui conseguenze operano ancora, ha suggerito ulteriori approfondimenti che hanno ritardato la pubblicazione.
L’intenzione del Pontefice è illuminare con la luce del vangelo l’attuale momento storico in cui viviamo.
Rispetto agli anni di Paolo VI non assistiamo più ad una divisione trasversale che vede da una parte i paesi ricchi e dall’altra i paesi poveri ma ad una situazione di sviluppo policentrico, nel quale le divisioni tra ricchi e poveri corrono all’interno degli stessi paesi.
La ricchezza è aumentata in valore assoluto ma sono aumentate le disparità.
Ma il fenomeno nuovo sul quale Benedetto XVI pone la sua attenzione, e che ai tempi di Paolo VI non era ancora così evidente, è quello dell’accresciuta interdipendenza tra i popoli e tra le economie dei singoli paesi, in altre parole: la globalizzazione.

La globalizzazione non è, secondo il pensiero del papa un processo negativo quanto piuttosto una possibilità che tutti, singoli e istituzioni siamo chiamati a dominare e a indirizzare verso uno sviluppo autenticamente umano.
Che cosa può aiutarci ad avviarci e realizzare uno sviluppo che sia per l’uomo e non sia contro di esso?
L’indicazione del magistero papale è all’inizio dell’enciclica: ““La carità nella verità, di cui Gesù Cristo s'è fatto testimone con la sua vita terrena e, soprattutto, con la sua morte e risurrezione, è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera. L'amore — « caritas » — è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace.”
L’enciclica è un documento lungo e complesso che, nei suoi settantanove paragrafi, affronta numerosi temi, per ognuno offrendo spunti di riflessione e indicazioni di principio.

Due elementi, fra i tanti, ci piace cogliere.
Il primo è l’invito del pontefice a tenere comportamenti eticamente responsabili nel campo dell’azione economica e sociale e in tutti quei settori che hanno una ricaduta sul prossimo, sullo sviluppo, sull’ambiente. Ci domandiamo: cosa possiamo fare nel nostro piccolo per le sorti del mondo?
Di fronte a questa domanda ci cogliamo impotenti. Benedetto XVI ci ammonisce che anche il semplice consumatore è responsabile dello sviluppo e può operare perché questo avvenga “per l’uomo” e non “contro l’uomo”. “È bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. C'è dunque una precisa responsabilità sociale del consumatore, che si accompagna alla responsabilità sociale dell'impresa.” (n. 66).
Il secondo elemento è costituito dalla certezza che il Signore che ha vinto la morte ci accompagna nel cammino verso un mondo più equo e più umano.
Il pontefice ci ricorda che “Di fronte agli enormi problemi dello sviluppo dei popoli che quasi ci spingono allo sconforto e alla resa, ci viene in aiuto la parola del Signore Gesù Cristo che ci fa consapevoli: « Senza di me non potete far nulla » (Gv 15,5) e c'incoraggia: « Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28,20).
Di fronte alla vastità del lavoro da compiere, siamo sostenuti dalla fede nella presenza di Dio accanto a coloro che si uniscono nel suo nome e lavorano per la giustizia (n. 78). L'amore di Dio ci chiama ad uscire da ciò che è limitato e non definitivo, ci dà il coraggio di operare e di proseguire nella ricerca del bene di tutti, anche se non si realizza immediatamente, anche se quello che riusciamo ad attuare, noi e le autorità politiche e gli operatori economici, è sempre meno di ciò a cui aneliamo. Dio ci dà la forza di lottare e di soffrire per amore del bene comune, perché Egli è il nostro Tutto, la nostra speranza più grande.” (n. 79).
Ma l’impegno del cristiano per lo sviluppo non è solo azione: “Lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l'amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l'autentico sviluppo, non è da noi prodotto ma ci viene donato”.
Il papa non intende offrire soluzioni tecniche. Intende piuttosto risvegliare la coscienza e la responsabilità di tutti, traendo dal Vangelo e dall’insegnamento della Chiesa principi e valori indicando che possano guidare  verso la realizzazione di uno sviluppo a misura d’uomo.

Il papa si rivolge a tutti, non solo ai responsabili dell’economia o della politica ma anche a noi, semplici uomini. Che riflessioni ci suscita l’enciclica del pontefice? Quali aspetti del suo insegnamento ci sembrano più attuali? Quali impegni possono scaturire dall’enciclica del papa? Che cosa deve cambiare nelle nostre famiglie, nella nostra società, nelle nostre istituzioni e, soprattutto, nella nostra vita?

Per leggerla integralmente dal sito della Santa Sede.
Per una prima serie di commenti dal quotidiano Avvenire.

messaggio del 25 settembre 2009:

La crisi economica che ha coinvolto l'intera umanità, in particolare dal 2001 a oggi, ha seminato un clima di sfiducia, non certo stemperato dalle acute analisi e dalle ottimistiche previsioni di economisti di fama mondiale.
Benedetto XVI con l'enciclica “Caritas in veritate“ è andato alla radice del problema, proprio come esortava il suo “amato predecessore” Giovanni Paolo II nella “Fides et Ratio”: compiere il passaggio dal “fenomeno al fondamento”.
Nell'enciclica il Papa ci insegna che lo sviluppo, il bene sociale e la soluzione dei gravi problemi economico-sociali, hanno bisogno di carità illuminata dalla verità. Penso che la causa efficiente di questa crisi sia la gestione di una economia chiusa nel vicolo cieco dell'egoismo, finalizzata a massimizzare il profitto individuale.
E' importante, certo, aver cura di realizzare un profitto adeguato per sé e la propria famiglia, necessario per garantire un tenore di vita dignitoso, ma è altrettanto vero che solo nella logica della condivisione questo profitto sarà completo e solo concependo la comunità come una grande famiglia saranno abbattuti i muri che impediscono il dialogo e alimentano diffidenza e sospetto.
Un aspetto importante, di come solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta, è il richiamo del Papa alla giustizia: "la misura minima della carità", in particolare al riconoscimento e al rispetto dei diritti individuali e dei popoli. E' vero, la Carità supera la Giustizia e la completa, ma senza quest'ultima la carità è “flatus vocis”, puro suono che il vento disperde. Non posso “donare” all'altro del mio senza avergli dato prima ciò che gli compete secondo giustizia. Si può forse vivere la carità quando, in molti paesi dell'occidente economicamente avanzato, gran parte dei diritti umani non sono riconosciuti? Basti pensare al diritto alla vita, violato dalle stesse legislazioni dei paesi “democratici”, che tollerano e accettano forme di violazione della vita umana soprattutto se debole ed emarginata. Sono passati alcuni mesi, ma il triste ricordo della vicenda di Eluana Englaro è sempre vivo nei nostri cuori.
Ritengo che l'apertura alla vita sia il “centro” del vero sviluppo, il punto di partenza per la politica del bene comune, quindi anche dell' economia; ossia ritengo che occorra riflettere sul valore assoluto della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio, Amore eterno e Verità assoluta, agendo di conseguenza.
L'enciclica di Benedetto XVI mi ha aiutato davvero in questa direzione.
Massimiliano Tedeschi.

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