particolare della vetrata dell'abside della parrocchia foto del papa Giovanni Paolo secondo che incorona la statua della Madonna "La Parrocchia è una casa di fratelli, resa accogliente dalla Carità"
Giovanni Paolo II alla Comunità di Torre Spaccata

Diocesi di Roma
S. MARIA REGINA MUNDI
Padri Carmelitani della Provincia Italiana
[sei in: CULTURA/primo piano]

PRIMO PIANO: un argomento per discutere e confrontarsi nel FORUM parrocchiale
Il "Caso Englaro"

eluana Alle ore 21 di giovedì 13 novembre 2008, sul sito dell’Agenzia SIR è stata pubblicata la seguente notizia:
Pubblichiamo il testo integrale del comunicato diffuso questa sera dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana (Cei) sul responso definitivo delle sezioni unite civili della Corte di Cassazione, che hanno dichiarato inammissibile per “difetto di legittimazione” il ricorso della Procura di Milano sulla vicenda di Eluana Englaro, autorizzando così la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione della giovane donna in stato vegetativo persistente da quasi 17 anni.

COMUNICATO DELLA PRESIDENZA CEI
La vita di Eluana Englaro, al cui dramma si è appassionata la coscienza del nostro Paese, è ormai incamminata verso la morte.
Mentre partecipiamo con delicato rispetto e profonda compassione alla sua dolorosa vicenda, non possiamo fare a meno di richiamare alla loro responsabilità morale quanti si stanno adoperando per porre termine alla sua esistenza.
La convinzione che l’alimentazione e l’idratazione non costituiscano una forma di accanimento terapeutico è stata più volte, anche di recente, resa manifesta dalla Chiesa e non può che essere riaffermata anche in questo tragico momento.
In tale contesto si fa più urgente riflettere sulla convenienza di una legge sulla fine della vita, dai contenuti inequivocabili nella salvaguardia della vita stessa, da elaborare con il più ampio consenso possibile da parte di tutti gli uomini di buona volontà.

Rilanciamo tre articoli che ci sono stati segnalati, di Rocco Buttiglione , Magdi Allam e Umberto Veronesi.

messaggio del 17 novembre 2008:

Salve, secondo me, in linea generale, finché c'è vita c'è speranza.
Nel senso che non sappiamo i disegni di Nostro Signore e quindi non possiamo arrogarci il diritto di spegnere o tenere accese delle apparecchiature, senza considerare la persona che sopravvive grazie a queste. L'importante non arrivare a considerare l'essere umano alla stregua di un oggetto, così come sta accadendo nel “caso Englaro”.
Saluti a tutti.
Ciro Beneduce

messaggio del 17 novembre 2008:

Il “Caso Englaro” pone tutta la cristianità, secondo me, di fronte ad un interrogativo.
Che valore diamo noi alla vita? Che valori proponiamo noi con la nostra vita?
Come dice il Papa, purtroppo viviamo in un’epoca nel quale vige il “relativismo culturale”: non esistono valori assoluti; tutto ciò che fa parte della sfera privata fuoriesce da regole sociali; ognuno di noi può decidere cosa è bene è cosa è male.
Tutto ciò porta ad una anarchia di valori che fa si che la nostra vita sia condotta come su autostrade che non hanno guard-rail.
Spesso purtroppo noi cristiani siamo i primi a contestare valori morali che la Chiesa (che si basa sul Vangelo!) propone e che a noi sembrano antiquate, fuori moda; un esempio ci è dato da quanti di noi non accettano o non vedono di buon occhio gli immigrati, soprattutto di colore, eppure Gesù ha detto di amare il prossimo come se stessi e non ha detto nel prossimo bianco, del mio paese o dello stesso colore della mia pelle, ma solo il prossimo, cioè chiunque incontriamo nella nostra strada.
Oppure quando in macchina non permettiamo agli altri di entrare da una strada laterale, o rientrare in fila quando c’è un restringimento; ma dovremmo fare agli altri quanto vorremmo fosse fatto a noi stessi etc…gli esempi potrebbe essere infiniti.
Il succo è che al centro della nostra vita mettiamo il nostro io, i nostri interessi, i nostri bisogni (al massimo ci “allarghiamo” a quelli dei nostri familiari) ed anche quando facciamo qualche atto di bontà è solo per gratificare il nostro senso di vanagloria (anche perché spesso sono atti una tantum e non hanno seguito!).
Dovremmo imparare nuovamente ad aver “fede” che le parole del Vangelo sono vere e lo sono tutte ed allora potremo, prima di tutti noi, che Dio è un Padre buono e che ha cura di ogni uomo e quindi ha un progetto sulla nostra vita che può anche essere nascosto, sconosciuto, incomprensibile, ma porta alla felicità di ognuno di noi e di chi ci sta accanto e che quindi la vita non ci appartiene, ma è un dono.
Giuseppe Cipriano

messaggio del 21 novembre 2008:

Un evento drammatico, comune in molte realtà della nostra vita.
Un evento che unisce nel dolore ma che divide le coscienze nell’agire.
Preferisco fare una breve riflessione partendo da un articolo della nostra Costituzione. Spesso mi colpisce il fatto che a volte ci dimentichiamo di essere cittadini di un paese, regolato da norme di principio.
Principi che disegnano una cornice all’interno della quale nascono le regole di vita comunitaria che ci permettono l’agire quotidiano senza preclusioni e senza distinzioni di sesso, razza e religione. Ed è grazie a queste norme, ripeto di principio, che ci vengono garantite le nostre libertà.
Riflettendo sul caso in questione e consapevole di esprimere un semplice parere personale, partirei appunto dall’articolo 32 della Costituzione:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. “
Lo stato vegetativo di Eluana non permette l’alimentazione autonoma del soggetto, questa viene somministrata attraverso particolari strumenti medicali.
Ovvio che non ci troviamo di fronte ad una “cura ” intesa questa come quell’insieme di terapie che aiutino il malato a perseguire la guarigione.
Ma è altrettanto pacifico che l’utilizzo di strumenti medicali che si sostituiscono alle normali funzioni fisiche dell’ammalato (quali la respirazione o l’ingestione di alimenti) pur non perseguendo la guarigione vengono comunque utilizzati per la somministrazione di terapie sanitarie di sostentamento.
Ma chiediamoci se veramente è questa la differenza.
Oppure se in punta di diritto stiamo, forse anche un po’ ipocritamente in questo caso, cercando la differenza tra cura e alimentazione.
Gli eventi drammatici che possono travolgere la vita dell’uomo, innescano quel desiderio estremo di preservarla/conservarla a qualsiasi costo e in qualsiasi modo. E per la nostra responsabilità verso i terzi (familiari) a cui i nostri sentimenti di affetto ci legano, ci aggrappiamo disposti e disponibili ad accettare le strade che le avanzate tecnologie mediche ci offrono.
Ed in questo momento drammatico che forse rischiamo di sovrapporre un atto di amore ad un atto di pietà.
E il caso di Eluana nasce da un vuoto legislativo, di regole che nel nostro paese purtroppo non si riesce a colmare, ovviamente questo impedimento la dice lunga sull’incapacità e sull’immaturità della classe politica del nostro paese. E qui mi fermo.
Ritengo che il percorso da fare per uscire da questo impasse sia quello di ricorrere alla dichiarazione anticipata di trattamento sanitario, dove risiedano le disposizioni che una persona in grado di intendere e volere redige al fine di indicare al personale medico e sanitario i trattamenti a cui intende sottoporsi in caso di malattia grave o terminale, qualora non sia più in possesso delle capacità di intendere e volere. Il principio a cui si ispira è quello della autodeterminazione del paziente e della sua libertà a decidere sulle cure che desidera ricevere, valutandone le alternative e le conseguenze.
La decisione di mettere per iscritto le proprie dichiarazioni anticipate può diventare un momento importante di riflessione sui propri valori, sulla propria concezione della vita e sul significato della morte, evitando il rischio della rimozione della morte, che probabilmente rappresenta uno degli aspetti negativi della cultura del nostro tempo.
La dichiarazione rispetta il principio costituzionale sull’obbligatorietà dei trattamenti sanitari, ma anche sul principio della inviolabilità della libertà personale. Rispettando la libertà dell’individuo nell’assunzione dei trattamenti sanitari, ognuno di noi nel rispetto delle proprie convinzioni potrà definire il limite oltre il quale NON andare.
Concludo riportando una frase, sempre riferita sul caso Eluana, che ho letto dai giornali di questi giorni (cfr.Il Sole 24 ore del 16-11-2008) di Mons. Ravasi:
Davanti a simili vicende della vita da una parte dobbiamo ricordare la parola antica della prima lettera di Pietro secondo la quale la testimonianza della fede va fatta con molta delicatezza e rispetto: l’urlato va un po’ smorzato da parte di tutti.
Dall’altra parte il concetto di vita ha per il cristiano una dimensione in sé trascendente: va sempre rispettata e l’uomo non è arbitro definitivo
Ed appunto per questo che personalmente ritengo che la persona sia responsabile della propria morte come della propria vita, diritto e dovere esercitato attraverso la propria coscienza davanti a Dio e alla comunità civile.
E quale autorità è più ultima di quella della propria coscienza.
Claudio Pavan

messaggio del 24 novembre 2008:

Non è la prima volta, si spera l'ultima!, che un'autorevole Corte di "giustizia" italiana pronunci una sentenza che di giuridico ha poco, quasi nulla, compensando invece con un taglio ideologico di cui non è arduo individuarne i connotati. Non è giuridica perchè il diritto è nato e ha senso solo in quanto oggetto della Giustizia, della virtù cardinale il cui primo precetto è: cuique suum tribuere = a ciascuno il Suo. Nessun diritto, infatti, può essere mai rivendicato se non viene riconosciuta la fonte della stessa "dignità del diritto" ovvero il valore assoluto della persona umana.
Il caso di Eluana giustifica il sospetto di quanti hanno scorto l'ispirazione ideologica della sentenza, dato che un diritto non fondato sul valore della persona è travolto da quell'imperante "dittatura del relativismo", da cui il nostro amato Benedetto XVI ci aveva già messo in guardia nella memorabile omelia della messa Pro eligendo Pontefice dell'aprile 2005, che riduce il diritto da "struttura garante" del buon vivere civile a mezzo per conseguire fini di una parte politica e/o giudiziaria.
La Cassazione il 13 novembre ha sancito l'eutanasia di fatto e di diritto - corredata del "in nome del popolo italiano", requisito necessario di una sentenza -, senza attendere che il Parlamento varasse una legge, peraltro in corso di elaborazione, in materia di fine vita. Personalmente non sono convinto che gli italiani in stragrande maggioranza condividano questa conclusione, purché informati in dettaglio su ciò che sta per succedere a Eluana.
Un atto brutale per Eluana, visto che toglierle il nutrimento e l'alimentazione significa costringerla a lunghi giorni di sofferenza: anche i giudici milanesi se ne sono resi conto quando nella prima sentenza ebbero a stabilire che Eluana dovesse essere medicalmente assistita in quella fase estrema. Ancor più conturbante se si pensa che "scienziati di fama mondiale", in occasione di un recente simposio vaticano sui trapianti, hanno confermato che è ormai accertata la possibilità di attività cerebrale nello stato vegetativo; alcuni di essi dicono che le persone in stato vegetativo percepiscono le parole che vengono loro rivolte. La più grande tristezza però è provocata da chi si rallegra per questa decisione, che abbandona Eluana a un digiuno forzato e a una morte per sfinimento. La sentenza dei giudici di Milano e quella delle Sezioni unite della Cassazione, sarà valutata alla luce del Vangelo di Cristo, come in uno specchio: " Quando il figlio dell'uomo verrà nella gloria con tutti i suoi angeli" (Mt 25,31).
Allora, sia coloro che l'hanno scritta, sia quelli che l'hanno approvata nel loro cuore, riconosceranno la Verità tutta intera di Eluana, e comprenderanno che non si trattava solamente della figlia di Beppino Englaro, ma del figlio di Dio che ha detto: " In verità vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me". (Mt 25,45).
Non si può non condividere il pensiero espresso su Eluana da Monsignor Fisichella, Presidente della Pontificia accademia per la vita: “Nessuno potrà dire che questa ragazza morirà serenamente. Morirà nel dolore e non per sua volontà .
Massimiliano Tedeschi

messaggio del 30 novembre 2008:

Volevo riallacciarmi a quanto viene detto in conclusione dal Sig. Pavan, commentando quello che è stato detto da Mons. Ravasi per dire che non sono d’accordo nell’interpretare quelle parole come un invito a lasciare libero ognuno di agire secondo la propria coscienza, perché se “…l’uomo non è arbitro definitivo…”, questo concetto deve essere valido per chiunque e verso la vita di chiunque, quindi anche verso la propria; d’altronde la vita ci è data in dono e rimane nelle mani di chi ce l’ha data fino a quando vuole riprendersela, altrimenti ci poniamo noi al posto di Colui che ci ha creati, dando così spazio a qualunque interpretazione soggettivistica di ciò che è bene e ciò che è male.
Giuseppe Cipriano

messaggio dell’8 dicembre 2008:

La legge morale naturale (insita nella coscienza di ogni uomo che viene in questo mondo), è la piattaforma fondante dei veri diritti dell'uomo. Non si devono confondere quindi i diritti umani con i tanti desideri che spesso affollano il cuore dell'uomo, anche se vengono ammantati di "Pietas".
Il diritto alla vita è il primo in assoluto nell'ordine esistenziale e pertanto non NEGOZIABILE.
Evviva a Eluana Englaro viva!
Voce di un eremita carmelitano.
Fra Domenico M. Fiore O. C.

messaggio del 19 dicembre 2008:

Su ciascuno di noi Dio ha realizzato un disegno, a volte imprescrutabile, ha  intessuto su di noi un progetto, un'opera d'arte, sovente difficile da interpretare. Ognuno di noi, come afferma Tonino Bello, è stato toccato dalla "carezza" di Dio.
Non abbiamo quindi alcun diritto o meglio la pretesa di decidere sulla  nascita, sulla morte, sulla  vita umana sconfinando in un atto di superbia, cioè essere superiori a Dio, porsi al Suo posto ritenendo di essere padroni della vita capovolgendo così il rapporto Creatore-creatura. L'interruzione dell'alimentazione e idratazione ad Eluana è sinonimo di atroce sofferenza in quanto la ragazza percepisce qualcosa, che è paragonabile a ciò che avverte l'embrione nel passaggio dalla potenza all'atto, a ciò che sente il feto nelle prime settimane di VITA.
Perché uccidere? Perché dire No alla vita? Perché diventare omicidi nello staccare il sondino che permette alla giovane il nutrimento anche se involontario?
Perché non continuare a sperare?
Dalle ultime notizie del Tg è noto che una ragazza torinese si è risvegliata  dal coma durato tre anni, Salvatore Crisafulli, Terry Schiavo... solo pochi esempi. Ricordiamo che la vita è preziosa.
In Isaia 43, 4 Dio dice “Perchè tu sei prezioso ai miei occhi, degno di amore e ti ho amato”.
Non dimentichiamoci che la vita è un dono che va rispettato, che la vita ha una dignità che va
difesa, la vita è un valore uguale per tutti Noi tutti siamo missionari ed abbiamo il compito di sostenere, incoraggiare, testimoniare, donare senso e speranza al prossimo, quindi cari fratelli continuiamo a pregare perchè Eluana, nostra sorella, viva e che venga fatta la volontà di Dio.
Grazie e complimenti per il forum.
Daniela Pellecchia

messaggio del 30 gennaio 2009:

La tentazione di fabbricarsi una verità su misura è viva da sempre nella storia dell'uomo, poter essere la misura e il fondamento della realtà lo ha sempre affascinato e, nonostante ne abbia pagato a caro prezzo le conseguenze, perché la verità quando è misconosciuta e traviata si vendica sempre, continua ad assumere un atteggiamento ostile di fronte alla realtà che egli trova, non costruisce e che dovrebbe solo riconoscere.Il pericolo cui va incontro, in questa fase storica in cui l'umanità ha preso il largo del terzo millennio, è di compromettere la sua stessa sopravvivenza, visto che nel mondo monta irrefrenabile la marea dell'odio e soffiano venti di guerre nuove dalle imprevedibili conseguenze.
A manipolare la vita degli uomini sia sul piano filosofico che scientifico è il pensiero laicista, quello evoluzionista in particolare, mai pago di imporre che la storia dell'uomo è evoluzione. Quanto tutto ciò si riveli un'impostura è la stessa realtà a denunciarlo, fenomeni quali: violenza, bullismo, aborto, eutanasia, egocentrismo più sfrenato, sfascio della famiglia, dimostrano il contrario di ciò che l' “atteggiamento” evolutivo cerca di affermare.
Un esponente non troppo occulto in tal senso è il prof. Umberto Veronesi che dopo aver profetizzato l'avvento di un'era felice in cui prevarrà un "modello unico" di sesso, ora promuove (lui che è medico) la morte per eutanasia, utilizzando il caso di Eluana come strumento a sostegno della sua tesi. Nel suo articolo traspare - non tanto sommessamente – una realtà mistificata con richiamo a giuristi di fama e articoli della Costituzione, senza alcun riferimento alla sentenza della Cassazione che nell'ottobre 2007 riconosceva in Eluana una "volontà desunta", ovvero emersa dalla sua personalità, stile di vita; non, come dice Veronesi, "volontà presunta" cioè accertata prima della perdita di conoscenza. Che differenza!
Eluana non ha mai chiesto di essere uccisa, nemmeno quando si è rappresentata lo stato di incoscienza in cui avrebbe potuto cadere. Veronesi, uomo di scienza, oncologo, dovrebbe difendere la vita non per ragioni confessionali - certi temi non concernono i “credenti” ma tutti gli uomini - , ma in nome della stessa “verità” della medicina per la quale la missione in difesa della vita è un apriori, pena la sua caduta nella barbarie. Il sapere medico – che Veronesi sa essere un sapere ippocratico -, è sì un sapere che ha per oggetto il corpo, ma è anche un sapere che non ignora che la via per la conoscenza del corpo è una via che chiede la conoscenza dell'intero; una conoscenza che non implica solo una generica responsabilità del medico (come scienziato) nei confronti della verità, ma una concretissima responsabilità del medico (come uomo) nei confronti di quegli altri uomini "concreti" che sono i suoi pazienti.
Non voler riconoscere la verità, decidendosi di piegarla alla volontà o, peggio, alla violenza, comporta alla lunga un prezzo alto da pagare di cui già oggi ne avvertiamo tutti l'onerosità. La forza della verità, invece, sta proprio nel suo non aver bisogno della forza. Quando si perde il significato della vita, la realtà diventa inconoscibile, fa paura. Allora ci si crea una realtà a propria immagine o ad uso e consumo del potere dominante. E' bene prenderne chiaramente coscienza per non lasciarci ridurre in schiavitù, e tornare protagonisti nel mondo.
"Combatti per la verità anche fino alla morte ed il Signore tuo Dio combatterà per te (Sir, 4.28).
Massimiliano Tedeschi 

Partecipa al nostro forum, inviando una e-mail

Parrocchia S. Maria Regina Mundi - Via Alessandro Barbosi, 6 - 00169 - Torre Spaccata - Roma
Tel. (39) 06 263798 - Fax (39) 06 23269025 - parrocchia@mariareginamundi.org